Il ’68, Marcuse e il situazionismo

a cura di Diego Melegari

 

 

Se la ricerca storiografica sul movimento Sessantotto è ormai giunta ad approfondire specificità nazionali e locali, rapporti tra gruppi sociali e generazioni, percorsi di organizzazione politica, ancora agli inizi è il lavoro concernente le elaborazioni teoriche che attraversarono quell’ondata di conflittualità sociale e culturale, ne influenzarono i modelli di comprensione dell’esistente e, in alcuni casi, ne problematizzarono le forme di espressione e di coscienza. Il percorso didattico qui proposto intende affrontare questo rapporto complesso alla luce di due prospettive teoriche, fondamentali per comprendere la natura del Sessantotto europeo: quella legata al nome di Herbert Marcuse e quella intrecciata alle vicende del situazionismo e, in particolare, all’opera di Guy Debord. I motivi per affiancare autori apparentemente così diversi sono molti e tali da gettare una diversa luce sulla fisionomia culturale della “contestazione”, permettendo di mettere in relazione l’elaborazione filosofica più complessa alla coscienza diffusa del movimento. Innanzitutto sia l’idea sviluppata da Marcuse di un uomo e di un pensiero “ad una dimensione”, sia il tema della “società dello spettacolo” in Debord presentavano modelli di critica al capitalismo contemporaneo, riletto come società dei consumi o delle immagini, che ne denunciavano il carattere potenzialmente “totalitario”, anche laddove esso si sposava con forme culturali e politiche apparentemente tolleranti e democratiche. In secondo luogo, sia in Marcuse che nel situazionismo ogni possibilità di opposizione reale a questo stato di cose veniva pensata come l’unione di una radicale trasformazione politica e sociale con un’altrettanto radicale trasformazione antropologica, tale da esprimersi in nuove forme di quotidianità, di immaginario, di rapporti tra gli individui. Infine, Marcuse e il situazionismo furono accomunati (il filosofo tedesco restando sul piano della critica teorica, mentre il movimento francese si spinse ad un livello programmatico e di sperimentazione) dal legare la liberazione politica, il mutamento rivoluzionario della realtà, alla dimensione estetica, ovvero all’arte come “apertura utopica” oppure come possibilità di offrire allo scenario della vita presente significati diversi e imprevisti. In questo senso le elaborazioni teoriche di Marcuse e di Debord davvero parlano di aspetti importanti della cultura profonda del Sessantotto europeo, ovvero di un movimento che, forse più di ogni altro, ha fatto propria, nella forma di una politicizzazione di massa, la vecchia formula surrealista secondo la quale al “cambiare il mondo” doveva essere affiancato l’impulso a “trasformare la vita”.

 

Il percorso qui proposto cercherà di mettere in connessione costante la realtà del movimento e la produzione teorica degli autori affrontati, utilizzando testi chiave della produzione di Marcuse di quegli anni, brani tratti da La società dello spettacolo di Debord (e spezzoni del filmato omonimo), testi e immagini prodotti in ambito situazionista.

 

 

Il percorso prevede due incontri della durata di due ore ciascuno ed è rivolto alle ultime classi delle scuole secondarie di secondo grado.

 

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