Umanismo e antiumanismo nel Novecento

a cura di Fabrizio Capoccetti
 
 
Il percorso intende affrontare i principali nodi tematici delle più note posizioni filosofiche del Novecento rispetto alle possibilità o meno di un pensiero umanista. La mirabile opera de-costruttiva di Nietzsche, vero e proprio spartiacque del pensiero occidentale con il suo annuncio della morte di Dio, è alla base dell’umanismo debole di Camus, quanto di quello forte di Sartre. Il primo, pur basato sulla centralità dell’uomo, presenta tuttavia l’essere umano come colui che nella coscienza dell’assurdità dell’esistenza, supera la tensione verso il suicidio. Si tratta di un uomo che si erge in rivolta contro la speranza del soprannaturale che lo teneva incatenato, ma che in tal modo giunge a conoscere solo «la passione di vivere in un mondo restituito alla sua totale indifferenza e alla sua peritura bellezza». Sartre pone, invece, al centro del proprio pensiero la libertà dell’essere umano. Se Dio non esiste “siamo soli, senza scuse. […] l’uomo è condannato a essere libero […]. Una volta gettato nel mondo, è responsabile di tutto quanto fa». Con Sartre l’uomo diventa soggetto di libertà e della propria esistenza.
Proprio «l’uomo soggetto, l’uomo soggetto della propria coscienza e della propria libertà – spiega, però, Foucault – è in fondo una specie di immagine correlativa di Dio. […] E Nietzsche è colui che, denunciando la morte di Dio, ha denunciato al tempo stesso quest’uomo». Il nemico da combattere per Foucault, come per Deleuze, è la dialettica hegeliana. Quest’ultima, infatti, si presenta come «una filosofia del ritorno a se stessi», che «promette all’essere umano che egli diventerà un uomo autentico e vero. Promette l’uomo all’uomo e, in questa misura, non è dissociabile da una morale umanistica».
Per Foucault la grande scoperta di Nietzsche è l’interpretazione come compito infinito: il «non compiuto dell’interpretazione il fatto che essa sia sempre sfilacciata e che resti in sospeso sul proprio limite». In questo senso, si tratta di portare l’interpretazione fin dove incontra il suo «punto di capovolgimento […] portando forse con sé la scomparsa dello stesso interprete». Con Dio muore, dunque, anche l’uomo soggetto di libertà. Se l’essere del divenire è, secondo Deleuze, «ritorno» – Foucault parla di «rivenire» – a poter e dover essere pensata non è tanto l’unità di un continuo infinito quanto quella del frammento, «dell’istante che passa e ripassa, e quella della coscienza fluttuante che lo riconosce». Coscienza «fluttuante», una coscienza, cioè, in grado di stare nell’attimo: un io «incrinato» o semplicemente «dissolto»?

Le lezioni affronteranno l’argomento mediante la lettura e l’analisi di alcuni passi dei più noti testi degli autori considerati.

 


Il percorso prevede due incontri della durata di due ore ciascuno ed è rivolto alle ultime classi delle scuole secondarie di secondo grado.

 

 

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