La polemica di questi giorni sull’assemblea di Parma del 10 febbraio – organizzata dal Comitato antifascista per la memoria storica e da Anpi e Anppia – ruota intorno alla parola “negazionismo”. Secondo i comunicati della Lega ‒ prima dei parlamentari parmensi e poi del suo segretario nazionale, nonché ministro degli Interni e vicepremier, Matteo Salvini ‒ l’iniziativa sarebbe “negazionista”, cioè negherebbe l’esistenza dell’uccisione di italiani, gerarchi e militari fascisti e civili, nelle terre del confine orientale, occupate dai partigiani della resistenza jugoslava.
Chiunque conosca le posizioni dell’Anpi, così come quelle dell’Anppia, o chiunque abbia avuto modo di partecipare a una delle tredici iniziative organizzate ogni anno dal 2005, sa bene che nessuno ha mai negato le vicende delle foibe. Quegli appuntamenti hanno fatto altro: attraverso l’aiuto di studiosi e ricercatori, hanno tentato di comprendere storicamente “le foibe”, mettendole in relazione alle dinamiche della seconda guerra mondiale (vale a dire all’occupazione militare della Jugoslavia da parte delle truppe italiane e tedesche) e alla precedente nazionalizzazione forzata delle minoranze slave da parte della dittatura fascista. Incontri, dunque, che non dovrebbero suscitare problemi ma che anzi andrebbero sostenuti, visto che la stessa legge che istituisce il Giorno del ricordo del 10 febbraio segnala quei fatti come parte di una «più complessa vicenda del confine orientale» (art. 1, Legge n. 92, 30 marzo 2004).
Eppure la Lega, capeggiata da Salvini, si scaglia contro l’Anpi (che ricordiamo è riconosciuta come «ente morale» dal 1945), minacciando addirittura di sospenderle i contributi statali. Un attacco dietro il quale si cela piuttosto il tentativo leghista, caparbio e prepotente, di delegittimare ogni presidio autonomo di riflessione critica, ogni momento culturale non allineato alla visione mainstream proposta dal ceto dirigente. E, infatti, personalità della destra e della sinistra liberale (da Maurizio Gasparri a Debora Serracchiani) si sono subito accodati agli attacchi contro il presunto “negazionismo” e a difesa del giorno del ricordo.
Si deve poi aggiungere che l’offensiva di Salvini contro l’Anpi si inserisce in una battaglia più ampia che la Lega sta portando avanti contro i presidi più vivi dell’antifascismo, nella sua corsa a coprire totalmente lo spazio dei partiti di destra. Ammiccando alle forze dell’estremismo neofascista, infatti, la nuova “italica” Lega non solo si vuole mostrare intransigente contro migranti, “buonisti” e “zecche”, ma anche contro tutte quelle forze che si richiamano a un antifascismo attivo e non di maniera. Ci sembra dunque ovvio leggere le minacce verso l’Anpi in questo senso, coerentemente con l’assenza dei parlamentari leghisti ai cortei del 25 aprile, con la loro indifferenza verso gli appuntamenti del 27 gennaio (anniversario della liberazione di Auschwitz) o ancor più con le dichiarazioni del vicepremier della Repubblica democratica sulle «cose buone» fatte dal regime totalitario di Mussolini.
Centro studi movimenti
Parma, 7 febbraio 2019