Centro studi movimenti, 28 maggio 2015

Sabato 23 maggio 2015 non è stato un giorno qualunque. Alla vigilia della giornata nella quale si è ricordato, a cent’anni di distanza, l’ingresso del Regno d’Italia nella Prima guerra mondiale, i neofascisti di Casa Pound hanno organizzato a Gorizia un corteo per commemorare la guerra e la conquista di una delle terre “irredente”. Nei comunicati di propaganda dell’organizzazione di estrema destra avrebbe dovuto essere una manifestazione nazionale imponente, che pare essersi ridotta a un migliaio di partecipanti, più o meno come il numero degli antifascisti friulani che sono intervenuti per dare vita ad una contromanifestazione antimilitarista che ha voluto ribadire il proprio rifiuto verso quella guerra “grande” e verso tutte le altre successive.

In vista di quell’appuntamento anche Casa Pound di Parma ha colto l’occasione per deporre una corona d’alloro ai piedi del monumento alla Vittoria in viale Toschi. Il monumento di Parma − voluto dal Ministero della guerra e realizzato sotto il regime fascista nel 1931, alla presenza di re Vittorio Emanuele III e delle alte gerarchie militari e del partito fascista – era l’omaggio della dittatura mussoliniana alla vittoria del 4 novembre 1918 dell’esercito italiano, in uno spirito nazionalista e bellicista. Una colonna vittoriosa che doveva far dimenticare i soldati morti in battaglia, gettati fuori dalle trincee al grido di “Savoia” per la sola gloria del re e del suo regno.

Con quella corona d’alloro i neofascisti di Casa Pound sembrano voler raccogliere quell’eredità gerarchica e militarista. Un’eredità alla quale noi ci opponiamo sulla base della convinzione che − come ha scritto Dürrenmatt − “Quando lo stato si prepara ad assassinare, si fa chiamare patria”.

E infatti, proprio insistendo su un’idea di patria nazionalista, razzista e gerarchica, i fascisti – del secondo o terzo millennio poco importa – tendono a rimuovere le centinaia di migliaia di uomini che si trovarono a combattere una guerra che non era la loro, strappati a forza dalle loro terre e mandati al massacro in condizioni disumane. Sono ormai tantissime le testimonianze e le ricerche che ci restituiscono il rifiuto e l’orrore di quella “bella morte” che esiste solo nei deliri fascisti.

Da quella guerra e dalla mitologia nazionalista e razzista si propagarono poi i prodromi e le radici del fascismo. Per questo, per noi, oggi, raccontare e studiare la grande guerra non può che significare prenderne le distanze. Nessuna “celebrazione” dunque è giustificabile ma solo la comprensione di quel fenomeno nella convinzione che oggi la patria può e deve essere il mondo intero. Nessun festeggiamento, dunque, ma condanna della guerra e adesione alla necessità di liberarsi dai fascismi di ieri e di oggi.

 

Parma, 28 maggio 2015

Centro studi movimenti