Biopolitica e neoliberalismo in Michel Foucault
a cura di Diego Melegari
Con il termine “biopolitica” il filosofo francese Michel Foucault indicava l’incorporazione, a partire dal XVIII secolo e sempre di più, nel potere politico e giuridico della “vita” stessa degli individui e della popolazione. Il politico, infatti, lungi dall’identificarsi senza residui con la sovranità statale era, per il filosofo francese, il prodotto della triangolazione tra quest’ultima è altri due registri di potere, quello delle discipline e quello del governo, ovvero di una serie di tecnologie che agiscono sui corpi, disciplinandoli e massimizzando la loro funzione in un certo ambiente (dalla fabbrica, alla scuola, all’ospedale, fino al carcere che di tutte queste dimensioni costituisce il “diagramma”), e di forme di razionalità che, già a partire dal XVI-XVII secolo e attraverso i dibattiti sulla “Ragion di Stato”, avevano investito questioni come la natalità, la mortalità, la salute, la malattia, la procreazione, la sicurezza. È all’interno di questo spazio che ha preso forma non solo la ragione politica moderna, ma anche un concetto di libertà che è ancora il nostro e che è indistinguibile dalle questioni del governo, del rifiuto di essere governati o della volontà di essere governati diversamente, grande snodo strategico del tutto mancato, secondo il filosofo francese, dal pensiero socialista. Non a caso è in questo campo problematico che alle domande su “come governare” si sono affiancate quelle su “come non governare troppo”, ovvero la matrice principale di quel nuovo pensiero, con diverse concezioni della natura e della storia, che in Occidente ha preso il nome di “economia politica”.
Quella foucaultiana è, dunque, innanzitutto una genealogia del soggetto politico moderno diversa da quella tradizionalmente centrata sui rapporti individuo-Stato. Ma è anche una diagnosi sul presente. Non a caso il corso intitolato Nascita della biopolitica sfocia in una serrata analisi dell’ordoliberalismo tedesco e dal neoliberalismo americano. Confrontarsi con l’analisi foucaultiana sulla biopolitica e sul governo significa, in questo senso, confrontarsi con una delle prospettive dominanti negli ultimi decenni e di cui, forse, solo la crisi economica attuale sta mostrando le crepe: l’idea di una politica che trova nel mercato, inteso essenzialmente come concorrenza, la propria regola ultima e la costruzione di forme di soggettività pensate e promosse come “capitale umano”, in particolare secondo la fortunata formulazione del concetto proposta da Gary Becker. Secondo molte letture contemporanee è come se la superficie disegnata dal triangolo biopolitico si fosse piegata su se stessa: là dove “mercati” ed agenzie di rating assumono pezzi di sovranità, le vite stesse degli uomini, le loro conoscenze, competenze, abilità e inclinazioni sono sussunte al capitale. Un quadro in cui l’economico è assunto a principio esplicativo e normativo dell’intero agire politico, sociale e antropologico e che autori come Christian Laval o Wendy Brown hanno mostrato in forte tensione non solo con le idee liberali classiche, ma con i presupposti stessi della democrazia liberale, non esente, del resto, da oscure implicazioni biopolitiche di solito riservate ai soli regimi totalitari (si pensi alle analisi di Domenico Losurdo o di Augusto Vinale).
L’unità didattica si articola in due momenti. Il primo incontro sarà un’introduzione al pensiero foucaultiano sulla biopolitica e sul rapporto tra “sovranità”, “discipline”, “governo”. Oltre ai testi foucaultiani si avvarrà di immagini e di spezzoni di film direttamente o indirettamente legati al percorso intellettuale del filosofo. La seconda lezione affronterà la questione del neoliberalismo e della sua possibile crisi. Dopo l’illustrazione delle tesi foucaultiane si proporrà un esempio di loro applicazione concreta, analizzando la trasformazione subita, a livello europeo, dalla scuola e dalla formazione nell’orizzonte neoliberale.
Il percorso è rivolto alle classi quarte e quinte delle scuole secondarie di secondo grado.
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