Caratteri e contraddizioni del «miracolo economico» italiano
a cura di Margherita Becchetti o Susanna Preo
L’Italia che usciva dal secondo conflitto mondiale era un paese industrialmente povero, quasi del tutto privo di infrastrutture efficienti e con un’agricoltura generalmente arretrata. Gli aiuti del Piano Marshall diedero inizio ad un ampio processo di ricostruzione che mostrò i suoi primi effetti positivi tra il 1958 e il 1963, quando la produzione industriale venne più che raddoppiata. È quello che viene comunemente definito come il «miracolo economico» italiano, non certo privo di costi sociali e contraddizioni.
Il benessere garantito dagli intensi ritmi della fabbrica fordista o dalla crescita del terziario, permise a molti italiani di dotarsi dei nuovi simboli consumistici (frigorifero, elettrodomestici, ecc.) e di adottare nuove modalità d’impiego del tempo libero (dai week end al mare alle vacanze estive). Tuttavia, si acuivano anche gli squilibri del reddito territoriale: la crescita economica e il rapido processo d’industrializzazione, concentrati nelle grandi città settentrionali, generarono un flusso di migrazioni interne inedito e traumatico, soprattutto per il “migrante”, costretto ai nuovi ritmi di vita delle metropoli e sradicato dai codici e dai riti della tradizionale civiltà contadina. Fu una vera e propria rivoluzione sociale e culturale, che scatenò un generale rimescolamento della popolazione italiana: nei cinque anni del «miracolo», oltre 900.000 persone trasferirono la loro residenza dal sud alle regioni più coinvolte dallo sviluppo. Un flusso che trasformò il volto delle città più grandi, impreparate ad accogliere masse così cospicue di nuovi abitanti che trovarono, quindi, per lo più, sovraffollato e malsano alloggio in scantinati e solai, edifici pericolanti o cascine abbandonate nei sobborghi. Nella periferia di Milano, ad esempio, gli immigrati costruirono le cosiddette «coree», gruppi di case prive di permesso, costruite nottetempo su terreni agricoli.
A prezzo di un’irreversibile mutazione antropologica, alla fine degli anni sessanta, sobborghi urbani e quartieri dormitorio circondavano l’hinterland delle grandi città del nord e, se molte abitazioni avevano finalmente il riscaldamento centrale, bagni, finestre e pavimenti, difficoltà di integrazione e di socializzazione segnavano sempre più la quotidianità dei nuovi abitanti.
L’unità didattica si propone d’illustrare, mediante l’utilizzo di diverse fonti (film d’epoca e documentari dei nostri giorni, canzoni, immagini), il complesso sistema di cause ed effetti che ha determinato la crescita economica dei paesi capitalistici e dell’Italia in particolare, con tutti i suoi squilibri settoriali e geografici. In questo modo, si ritiene di poter contribuire a smontare il mito del «miracolo» stesso, trattandosi di dimostrare la genesi dei modelli sociali e culturali della nuova “civiltà dei consumi” e di fenomeni quali l’emigrazione e l’urbanizzazione.
Il percorso prevede due incontri di due ore ciascuno ed è rivolto a tutte le classi delle scuole superiori e alle ultime classi delle scuole medie inferiori.
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